Bisognerebbe lo insegnassero a scuola

Dopo qualche giorno di decantazione dalla notizia che ci ha sconquassato più delle tante altre simili che arrivano tutti i giorni, tento di scrivere sul binomio “violenza di genere” e “scuola”.
Già pochi anni di esperienza, ho visto passare nei vari piani formativi una discreta varietà di corsi (curriculari ed extracurrculari) per gli studenti, tra i quali non mancano le varie educazioni sessuale e/o all’affettività. Si fanno spazio perché i tempi sono maturi, nonostante vari tipi di resistenza: quelle politiche (a prescindere dal governo in carica), quelle amministrative (da parte di dirigenti poco coraggiosi), quelle di alcuni prof e alcuni genitori di idee particolarmente conservatrici.

Esistono? Sì.
Si dovrebbero fare in ogni scuola? Secondo me, senza dubbio.
Se ne dovrebbero fare di più? Non lo so.

Sento urlare che “bisognerebbe lo insegnassero a scuola” difronte a notizie di violenze di ogni tipo, specialmente quella sulle donne. Il punto è che si insegna “già” a scuola, e non solo dei corsi specifici. Specialmente chi insegna italiano, è cresciuto nell’ambito “umanistico”: significa che da anni sguazza in discipline che hanno al centro l’essere umano. Storia, arte e letteratura che parlano della sensibilità dell’uomo. Si insegna “già”, a scuola, a dare il nome ai sentimenti, a comprendere le sensazioni, a veicolare le emozioni, a stabilire un contratto sociale.

La frustrazione di un amore che non si concretizzerà mai è già dentro Leopardi. La complessità degli uomini e delle donne, la violenza, il bisogno di pace e concordia, solidarietà, è già nella storia degli ultimi secoli. Le difficoltà di comunicare in maniera efficace la propria personalità, sono già dentro l’analisi del periodo. La comprensione delle differenze, è già nella geografia. Il bisogno di solidarietà, di diritti universali, di contratto sociale, è già nell’educazione civica.

C’è bisogno di altri corsi? Facciamoli. Ma fateci anche lavorare meglio, magari realizzando l’unica vera grande riforma scolastica necessaria: classi di quindici alunni, invece di ventiquattro (lo so che è una chimera e non sfrutteremo neanche il calo demografico per realizzarla, ma io non mi posso stancare di ripeterlo).

Così potremmo stabilire un contatto, portare una didattica davvero personalizzata e inclusiva, creare una connessione anche elettiva tra docente e discente grazie alla quale si possano individuare in anticipo segnali di atteggiamenti devianti e chiedere tempestivamente l’aiuto che serve. Potremmo anche, forse, entrare in contatto con tutto il contesto educativo, perché bisognerebbe che, oltre che a scuola, lo insegnassero a casa, all’allenamento, in parrocchia, al circolo, alla fumetteria, eccetera eccetera eccetera.

[immagine puramente di repertorio]


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