Antologia delle cose interrotte/1: Giovanni Boccaccio

CIARDINO APPRENDISTA DIPINTORE, ALLA BOTTEGA DI DUCCIO GIUNTO, TRUOVAVI ARIANNA E TANTO DI FOCO S’APPRENDE DA RIMANER MUTOLO UNO INTIERO ANNO.
DECISOSI A DICHIARARE AMORE A VOCE SPIANATA, CON GRANDE ISPAVENTO DE LI ARTIGIANI TUTTI, SCUOPRE CHE ARIANNA PIU’ NON EVVI E, RICASCATO IN MESTA MUTEZZA, A PERETOLA SE NE TORNA.

Era Luca di Ricciardo nomato Ciardino, sanza ch’a lui andesse piaccendo per il risaltar della sua minuta figura, un giovinotto cresciuto in Peretola. Fatto mostra d’aver lo personal talento del disegno et della dipintura come molti dintorno Fiorenza, avuta l’età di anni quattordici fu spedito dalla madre sua in un picciuol paesino del contado toscano, del quale ora lo nome non si ravvede, onde una bottega retta del famoso mastro Duccio dipintore era.

Per vie maestre e istrade scoscese, suso le vette e giuso ai declivi e lungo l’argini del fiume Arno molto camminando, appo isvariati iorni fu Ciardino giunto ove la bottega stava. Fattosi innanzi all’uscio, con virilità lo scosse e tosto una garbata voce di femina gli rivolse saluto.

Era costei la giovane di più bella fattura che incontrata mai aesse; lo mondo per lui potea principiare a Pistoia e finire a Certaldo o a Santo Miniato, che comunque maraviglioso era a contenere costei, che si nomava Arianna e figliola di Duccio dipintore era. Preso in tali pensamenti, non s’accorse ch’ella, di maniere gentili ma decise, ben adatte a cotesto ruvido ambiente, aveva rivolto il saluto a Ciardino; Arianna non ricevendo risposta si fece del parere d’aver dinanzi un mutolo, e cominciò con grandi gesti et bocca larga a vociare parole, come si adusa fare coi mancamentati.

Ridestatosi Ciardino e accortosi tutto d’una fiata del male intendimento, fu strinto infra ‘l disiderio di lei e lo imbarazzo per quello incappamento, e altro non seppe far se non davvero far vista d’esser mutolo: e così dunque per i giorni appresso, faccendo sembiante di intender l’altrui parole ma non saper favellare, visse a bottega come ogn’altro apprendista, per un intiero anno, senza mai rivolger motto ad Arianna com’a niuno; e sempre guatando ella da lontano e mai mostrando i sentimenti sua.

Or accade che, di norma, trapassato un anno, il mastro bottegaio si tenga li giovani più validi e rimandi a casa li altri meno destri o, come vuole il caso di Ciardino, ancora piccioli per essere avviati al lavoro, da destinare magari ad altri apprendistati.

Giunto il dì della partenza che fu, Ciardino non ebbe saputo ancora smuoversi dalla mutezza per lo troppo imbarazzo, salutiede tutti a gesti e, dato un isguardo fugace ad Arianna, sbacchiò l’uscio e tosto si avviò per la strada.

Come è di ciascheduna madre che vedesi il figlio ritornare dopo tanta assenza, anche quella di Ciardino di domande lo ripiccò, e questo non seppe altro che raccontare di Arianna, di come ben fatta fosse e proporzionata come li agnoli dipinti da Giotto in persona, a quale seta d’Oriente sia similare la pelle sua, che par modellata sui marmi di Nicola il Pisano, et insieme gentile e forte nei modi, i quali hanno così subitaneamento trafitto il cuore di Ciardino, ch’ei altro non avea saputo fare se non far sembiante d’esser mutolo, e per tale tutti i garzoni a bottega il tennero e il tengono tutt’ora. Finito ch’ebbe di cotanto proferire, scoppiede in un improviso squassante pianto.

La madre, dopo aver molto pensato su ciò che udito avea, disse: «Figliuol mio, grande è l’impressione che costei t’ha lasciato, e tanto parmi di ottima famiglia cotesta figliola, che credo proprio che tu debba tornare indietro e pronunciare le istesime parole che hai testé me detto, e attendere la di lei reazione. Ché se io ben ricordo gli ardori della giovinezza, credo che niuna femina possa rimanere di pietra dura dinanzi a cotali cose, e tanta fortuna sarebbe per me che tu ti sistemassi presso cotesto dipintore».

Sanza porre altro tempo in mezzo, fattosi uno fagotto di poche cose da manducare, Ciardino riprese immantinente il caro sentiero e parvegli Mercurio avergli messo l’ali sue a’ piedi, o che Amore aesse vieppiù riestretto le distanzie, che tanto presto arrivò all’uscio di Duccio che nemmen il tempo di stupirsi avea avuto, e affacciatosi a bottega urlò: “Mastro Duccio! Cerco Arianna, la figliola vostra. Onde è ella?”

Il maestro, li operai et i dipintori tutti, al sentir fortemente tonare la voce di Ciardino, tutti stupirono e al miracolo e alle guarigioni e ai prieghi per questo e quel santo laudarono; ma non v’era questione ch’egli volea sentire se non saper onde Arianna fosse e, ciò inteso, Duccio rispuose: «Figliuol mio, la favella tua torna in un tristo iorno. Quivi ella più non è: il castaldo venne stamani a reclamare la mano sua che già m’avea chieduto mesi or sono; io la faccenda più non potea rimandare, e ora Arianna appartiene a costui.»

Udito ciò, Ciardino, insu l’istesso uscio onde un dì la favella avea perduta di tanto ardere, ora per la mestizia di quella novella, tosto ricascò nell’istesima mutezza. E colla bocca serrata e il capo chino, riprese la via fraterna, che ormai non avea bisogno più di guatare, e in magno silenzio l’ultima volta verso casa ricamminò.


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