Il danzatore teatrale

Se il teatro e l’improvvisazione sono fratellastri e la danza è la madre e l’origine delle arti espressive, oppure la terza sorella, o magari son tre cugini che si vedono solo a Natale… Insomma, la parentela sceglietela voi, a me piace pensare all’antico ballerino e al moderno improvvisatore in questi termini:

E gli italiani non impropriamente chiamano il danzatore pantomimo, quasi da quello che egli fa, che imita ogni cosa. E quel bello e poetico consiglio è necessario anche al mimo:

     Forma la mente come il polpo ha il cuoio
     Del color dello scoglio a cui s’attacca,
     E poi per le città vattene, o figlio.

Ed egli deve attaccarsi alle cose, ed invasarsi di ciò che egli fa. Insomma il ballo ti vuole mostrare e rappresentare costumi e passioni, mettendoti innanzi ora uno innamorato, ora uno sdegnato, ora un furioso, ora un afflitto, e tutto questo fra certi termini. […] Gli altri spettacoli ti presentano a vedere o udire ciascuno una cosa sola, che è o flauto, o cetra, o voce melodiosa o rappresentazione d’un fatto tragico, o piacevolezza comica: ma questo del ballo te le presenta tutte, nella sua suppellettile entra ogni sorta di roba, flauto, siringa, nacchere, strepito di cembalo, bella voce d’attore, concerto di cantanti. Le altre opere dell’uomo sono o dell’anima, o del corpo; il ballo è di tutti e due, perché ci si vede e finezza di discernimento, e pieghevolezza di corpo: ma il più è la sapienza delle azioni, e che non vi sia niente fuor di ragione.

No?

Luciano di Samosata, La danza (vv. 67-69)
II secolo d.C.


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