Lettera per un anno

Amore mio,

è un posto buio dove passare il tempo. Non ce n’era un altro dove poter stare. Da qui non si scappa. Qui si finisce dopo aver fatto tutto questo male, questo male che ancora mi bagna le scarpe.

Sembra strano eppure non mi manca nulla. Ho amici e una famiglia sempre vicino che mi salvano quando c’è bisogno. Mi sono fatto il mio nido, ci sono dentro gli oggetti che volevo e sono nell’ordine che più desidero. Li detesto. Torni a mettere disordine?

Inizia un giorno nuovo e ricomincia il conflitto: non m’importa di nulla ma come affamato devo attaccarmi a tutto. Al lavoro, all’esercizio, allo studio. Qui tutti ammirano la mia dedizione mentre io ho solo scoperto cosa significa davvero la parola ‘passatempo’. Con questi passatempi, ho passato il primo inutile anno di una pena eterna. Un anno da quel delitto senza giustificazioni. Gli inquirenti non hanno capito, avvocati e giudici non sono convinti di niente, la vittima si starà curando da qualche parte e io stordito osservo le stagioni che passano senza scossoni. 

Amore mio mi manchi tanto anche se a nessuno sembra possibile. È una prigione buia. Il sole e il caldo la circondano ma queste stanze inghiottiscono tutto. Tu eri il sole e il caldo, tu eri la regina delle stagioni, eri un anno d’estate in mezzo a novembre, l’estate che brucia l’erba in giardino ma ti porge una birra fredda, l’estate che guardavamo dal fresco di camera nostra. 

Tornerai mai estate mia? Voglio uscire in giardino a mangiare una pèsca e buttare il nòcciolo oltre la siepe. Portami il sole e il caldo, portali qui dentro, illumina di nuovo tutti, illumina di nuovo me e il nero che mi affoga. Cancella il male che mi ha cancellato. 

Ti dirò un milione di ti amo. Raddoppierò tutti quelli che non ho mai detto, che a noi uomini sembrano così ridicoli, triplicherò tutti quelli che mi hai chiesto, decuplicherò quelli che non mi hai mai chiesto, per pudore (non dovrai aver più pudore: la mia vergogna basterà per te e per chi ti ama). 

Ma… siamo lontani e non ci parliamo. E questi sono solo vani e bellissimi desideri – da “de siderare”, tirare giù dal cielo e mettere così in terra, portare a compimento una volontà. Desideri che ho lasciato tra le stelle quando avrei potuto porgerteli; adesso non sei più qui a tendermi la mano. A chi li darò?

Insomma chiudo. Era solo un modo lungo e doloroso per dirci che un anno è passato.

Mi aspetta l’ora d’aria: è nera anche quella.

Ti amo – novecentonovantanovemilanovecentonovantanove.