Ringrazierò per sempre la vita per tutte le storie che mi racconta.

Le storie inutili, quelle stupide o quelle che grattano il cuore. Tipo che potrò raccontare di questo tavolo che ho davanti ora, di quando sono andato a prenderlo a Ponsacco un mattina di fine luglio da due ex falegnami sdrucìti e del loro immenso stabilimento impolverato, pieno di vecchi mobili nuovi e di traslochi altrui. Di quella serie TV, leggera e stupenda, che mi aiuta ad addormentarmi e a riaddormentarmi in queste notti di vento dentro. Di aver pianto una confessione a bordo lago, in tarda sera, già stanco al pensiero del giorno successivo (nel quale avrei aiutato un energumeno esteuropeo a catapultarmi un frigorifero dalla finestra del primo piano). 

La ringrazierò sempre perché saranno le storie che racconterò, con la mia logorrea che m’illudo essere molto più interessante di quello che è in realtà; tra mille giorni trascurabili, troverò comunque ancora storie nuove che potranno invecchiarmi nei ricordi. E saranno drammatiche ma io troverò il modo di infilarci una battuta, e saranno gioiose ma troverò il modo di macchiarle un po’ d’amaro. 

E racconterò di quella caldissima e tremenda estate dei miei quarant’anni in cui mi è stato sbattuto in faccia me stesso e madonna che male m’ha fatto. Quell’estate in cui ho dovuto continuare a andare in ufficio, fare colloqui, imbiancare, salire sul palco, stare tra gli amici come se non ci fosse niente di rotto, come se non mi sembrare tutto troppo. Perché è un po’ troppo smontare un armadio mentre smonti anche un carattere fondato sugli errori. Spostare un letto e provare a spostarti un po’ anche te dove è più giusto. Allungare la mano verso un comodino che non c’è più e l’altra mano verso un altro vuoto ancora più grande. 

In quella estate caldissima sono uscito di casa e mi sono imbattuto in questa foto strana:
– un muro fatto dei sassi del fiume su cui son nato;
– una finestra finta aperta su chissà che cosa;
– teatro e concretezza;
– confini, chiusure, aperture e finzione.

Forse mi raccontano l’ennesima storia o forse, con questo stato d’animo, la troverei anche nelle budella di un animale spiaccicato per strada. 

Vorrei chiederti di salvarmi, Signore, ma so che lo fai con le storie che potrò raccontare. Per questo ti ringrazio.